La musica suscita emozioni attraverso l’attivazione di diverse aree del cervello, separate tra loro e legate alle immagini, ai ricordi e all’empatia. La musica, intesa come stimolo emozionale, è infatti molto complessa e può suscitare le emozioni in diversi modi. Le emozioni possono essere suscitate dalla struttura intrinseca della musica o dal contesto in cui la musica è inserita o a cui fa riferimento, a fattori cioè esterni alla musica.
I meccanismi che permettono alle emozioni di essere suscitate tramite brani musicali sono: a) risposta riflessa del tronco encefalico; b) condizionamento valutativo; c) contagio emotivo; d) immaginazione visiva; e) memoria episodica; f) aspettativa musicale.
La risposta riflessa del tronco encefalico
La risposta riflessa del tronco encefalico alla musica può suscitare una emozione quando una o più caratteristiche acustiche fondamentali sono processate da questa struttura come segnali di un evento potenzialmente importante ed urgente. Suoni improvvisi, alti, dissonanti o strutture temporalmente veloci aumentano l’arousal e suscitano sensazioni spiacevoli nell’ascoltatore (Berlyne, 1971; Burt et al., 1995; Foss et al., 1989; Halpern et al., 1986).
Questo avviene perché la musica, prima di tutto, è un suono e il sistema percettivo risponde automaticamente a determinate caratteristiche dei suoni che, in natura, possono fornire informazioni di vitale importanza sull’ambiente circostante.
Il nostro sistema percettivo, infatti, scansiona costantemente l’ambiente con l’obiettivo di esaminare e scoprire eventuali cambiamenti o eventi che possono essere importanti.
Nella storia evolutiva dell’uomo è stato importante e determinante riconoscere e rispondere immediatamente con una attivazione simpaticotonica a certe caratteristiche dei suoni come la velocità, l’alto volume, la rumorosità, il volume molto basso e le frequenze alte, indicatori di pericolo nell’ambiente da parte di predatori o nemici.
La risposta riflessa del tronco encefalico fa riferimento ad un processamento dello stimolo uditivo ad uno stadio precoce, che non coinvolge (ancora) la corteccia prefrontale.
Questa risposta è molto forte, ad esempio, la piacevolezza o spiacevolezza della consonanza o della dissonanza riflette come il sistema uditivo suddivide le frequenze ad uno stadio precoce di analisi dello stimolo (Lipscomb & Hodges, 1996).
La dissonanza nell’ambiente naturale è segnale di pericolo, perché occorre nel richiamo di paura e pericolo di molte specie animali (Jürgens, 1992). La dissonanza sarebbe, quindi, stata selezionata nell’evoluzione come un rinforzo negativo incondizionato del comportamento (Rolls, 2007).
La risposta riflessa del tronco encefalico è veloce ed automatica ed è attiva già prima della nascita, come dimostrato in studi nei quali il feto risponde con un aumentato battito cardiaco e una maggiore risposta motoria alla musica di alto volume, mentre la musica dolce produce risposte opposte (Lecanuet, 1996).
Le risposte riflesse del tronco encefalico alla musica possono spiegare gli effetti rilassanti o attivanti dell’ascolto, e come semplici suoni possono produrre piacevolezza o spiacevolezza.
Il condizionamento valutativo
Il condizionamento valutativo si riferisce al fatto che un’emozione può essere indotta da un brano poiché questo è stato associato ripetutamente a eventi emotivamente positivi o negativi.
Ad esempio, un brano musicale potrebbe presentarsi ogni volta che succede qualcosa di piacevole (come incontrare un caro amico). Col passare del tempo, questo brano potrà evocare gioia anche in assenza dell’interazione con l’amico.
Il condizionamento valutativo può avvenire anche in assenza della consapevolezza della contingenza dei due stimoli (Field & Moore, 2005; Hammerl & Fulcher, 2005), anzi, sembra che l’attenzione possa addirittura ostacolare questo tipo di apprendimento.
Questo fenomeno è interessante perché sembra spiegare alcune risposte emotive alla musica che, per l’ascoltatore, sono immotivate (Juslin et al., 2006). Inoltre il condizionamento valutativo è difficile da estinguere (LeDoux, 2002), così, quando un brano musicale è stato associato ad un evento emotivamente saliente, questa associazione sarà piuttosto persistente.
Infine, il condizionamento valutativo sembra dipendere da processi non consapevoli, non intenzionali e spontanei (De Houwer et al., 2005; LeDoux, 2002) che coinvolgono le regioni del cervello sottocorticali come l’amigdala e il cervelletto (Balleine & Killcross, 2006; Johnsrude et al., 2000; Sacchetti et al., 2005).
Gli effetti del condizionamento emotivo hanno implicazioni sul comportamento delle persone anche importanti: Blair e Shimp (1992) hanno dimostrato che i partecipanti alla loro ricerca esposti ad un brano musicale in situazioni spiacevoli, successivamente erano più restii rispetto ad un prodotto che veniva loro presentato accompagnato dallo stesso brano musicale.
I partecipanti che invece non erano stati condizionati al brano musicale rispondevano più positivamente. Allo stesso modo, Razran nel 1954 trovò che l’atteggiamento verso brani musicali, dipinti o fotografie poteva essere modificato attraverso l’offerta di pranzi gratuiti accompagnati musicalmente (la stessa musica che poi accompagnava le mostre e le valutazioni).
È importante notare che questi effetti della musica sono più comuni in contesti dove l’ascolto della musica non è l’attività principale (Juslin & Laukka, 2004; Sloboda & O’Neill, 2001).
Il condizionamento valutativo spiega perché alcuni brani, ascoltati infinite volte, come Per Elisa di Beethoven, non riescono più a suscitare in noi emozioni: li abbiamo condizionati a così tante situazioni emotive che si è creata una vera e propria marmellata informe di emozioni!
Il contagio emotivo
Nel contagio emotivo, l’emozione viene indotta da un brano musicale perché l’ascoltatore percepisce le emozioni che la musica vuole trasmettere e le “mima” internamente, attraverso feedback periferici muscolari o una attivazione diretta di una rappresentazione dell’emozione a livello corticale. Ciò significa che una musica che esprime tristezza, ad esempio attraverso un tempo lento, un volume basso e toni gravi, induce tristezza nell’ascoltatore (Juslin, 2001).
In altri termini, sarebbe l’“empatia” a promuovere l’azione di “mimare” l’emozione percepita nella musica, esattamente come il vedere la foto di un viso che esprime tristezza attiva, in chi guarda la foto, la stessa muscolatura del viso (misurata attraverso l’elettromiogramma) anche quando le foto vengono mostrate sotto un livello soglia di percezione consapevole (Dimberg et al., 2000).
Da una vasta letteratura sappiamo che l’empatia, o il contagio emotivo, sta alla base del legame affettivo tra mamma e bambino e crea affiliazione e piacevolezza, aspetti fondamentali per il funzionamento sociale (Lakin, Jefferis, Cheng, & Chartrand, 2003).
Alcuni studi nel campo delle neuroscienze hanno suggerito che il contagio emotivo avviene attraverso la mediazione dei neuroni specchio, scoperti negli anni Novanta per mezzo di studi sulla corteccia prefrontale delle scimmie (Di Pellegrino et al., 1992). In particolare si osservò che i neuroni specchio si attivavano sia quando le scimmie svolgevano un compito, sia quando osservavano un loro simile svolgere lo stesso compito (Rizzolatti & Craighero, 2004).
Lo stesso meccanismo sembra essere presente anche negli esseri umani, ad esempio prestare attenzione a espressioni non verbali di paura in qualcuno, aumenta l’attività delle aree motorie del cervello e di quelle associate all’emozione.
Il contagio emotivo sta alla base della distinzione di emozioni discrete nella musica e nasce dalla similarità, a livello strutturale, tra la musica ed alcune configurazioni dell’espressione vocale delle emozioni (Kivy, 1980; Langer, 1957; Juslin & Laukka, 2003). Questo significa che il nostro sistema percettivo riconosce nella musica strutture o schemi emotivi (propri della voce) e li “riproduce” internamente, facendoci provare una determinata emozione.
In accordo con questa teoria è comprensibile l’estrema espressività emotiva di una performance di violino, tale perché il timbro del violino è molto simile a quello della voce umana, ma con maggiori possibilità in termini di velocità, intensità e altezza. Così se riconosciamo un tono arrabbiato nella voce di qualcuno perché parla velocemente, con un volume alto e un timbro aspro, uno strumento musicale potrà enfatizzare queste caratteristiche facendoci percepire un tono emotivo “estremamente” arrabbiato (Juslin & Västfjäll, 2008) .
Questo meccanismo spiega perché la musica triste, ad esempio, ci fa sentire meno soli: quando la ascoltiamo è proprio come se qualcuno che ci capisce e che condivide con noi la stessa emozione che proviamo, ci stesse parlando!
L’immaginazione visiva
Un altro modo per suscitare emozioni è attraverso l’immaginazione visiva, poiché l’affiorare di particolari immagini nella mente durante l’ascolto di un brano musicale provoca emozioni associate all’immagine stessa. L’immaginazione visiva è uno dei processi che permette di evocare emozioni, così un’emozione può essere indotta da un brano poiché questo evoca , ad esempio, l’immagine di un bel paesaggio.
Questo processo si verifica in assenza di stimoli sensoriali rilevanti ed è stato dimostrato che i brani musicali sono particolarmente efficaci nell’indurre immagini visive (Osborne, 1980; Quittner & Glueckauf, 1983).
Non è ancora chiara l’esatta natura di questo processo ma sembra che coloro che ascoltano i brani concettualizzino la struttura musicale attraverso una corrispondenza metaforica non verbale tra la musica e gli schemi di immagini radicati nell’esperienza corporea (Blonde, 2006; Lakoff & Johnson, 1980).
Secondo Osborne (1989) ci sono dei temi che ricorrono nelle immagini evocate dalla musica, come la natura, ad esempio sole, cielo, mare, oppure le esperienze extra corporee, ad esempio fluttuare nello spazio, ma questi risultati sono probabilmente influenzati da un particolare stile musicale utilizzato nella ricerca sopracitata.
Certe caratteristiche del brano sono efficaci nello stimolare vivide immagini come ad esempio la ripetizione, la prevedibilità in elementi melodici, armonici e ritmici, e il tempo lento (McKinney & Timms, 1995).
Le immagini visive in rapporto con la musica sono state studiate e approfondite soprattutto nel contesto della musicoterapia (Toomey, 1996-1997). Helen Bonny ha sviluppato il metodo “Guided Imagery and Music” (GIM), in cui il soggetto è invitato a condividere le immagini che sta vedendo in tempo reale durante una sequenza pre-programmata di brani musicali. Le sequenze costruite dall’autrice e dai suoi allievi hanno l’obiettivo di far vivere, attraverso le immagini evocate dalla musica, determinate esperienze emozionali che sarebbero “correttive” e, quindi, terapeutiche.
Le immagini suscitate dalla musica spiegano il suo potenziale terapeutico nel mettere in connessione varie parti del cervello. Non dimentichiamo, poi, che questa caratteristica è usata nei film e nell’arte in generale.
La memoria episodica
La memoria episodica si riferisce ad un processo che avviene nel momento in cui un brano musicale evoca il ricordo di un evento particolare vissuto dalla persona che ascolta.
Tramite la memoria episodica le emozioni si manifestano poiché un brano musicale riporta alla mente ricordi specifici e connessi con determinate emozioni (Davies, 1978). Uno degli esempi più calzanti a questo riguardo è l’ascolto di Danubio Blu di Strauss che molti di noi sicuramente associano al film “2001: Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick. Quando vengono evocati dei ricordi, automaticamente vengono evocate anche le emozioni collegate a quei particolari ricordi (Baumgartner, 1992).
Queste emozioni vengono memorizzate associandole all’esperienza vissuta, e ciò permette la rievocazione delle emozioni nel momento in cui viene ricordata l’esperienza.
Secondo Lang (1979) i ricordi evocati dalla musica sono legati soprattutto alle relazioni sociali, ma in realtà, coinvolgono qualsiasi tipo di evento come per esempio una vacanza, un concerto musicale, la vittoria di un incontro di calcio, la morte di un nonno o i ricordi d’infanzia (Baugmartner, 1992).
Nei bambini la capacità di ricordare tramite la memoria episodica si sviluppa lentamente durante gli anni pre-scolari mentre negli anziani è il primo tipo di memoria che comincia a peggiorare durante l’invecchiamento.
La memoria episodica si riferisce sempre ad un ricordo cosciente di un evento già vissuto.
Le reazioni emotive alla musica riguardanti la memoria episodica coinvolgono più comunemente eventi della giovinezza e dell’età adulta rispetto ad altri periodi della vita. Di conseguenza la nostalgia è il tipo di risposta emotiva più comune (Sloboda & O’ Neill, 2001).
Questo meccanismo ci spiega perché la musica è importante nei momenti di crisi, in cui abbiamo la sensazione di non sapere più chi siamo, e nell’anzianità. Di fronte al cambiamento, poter contattare la nostalgia e i ricordi ci dà un senso di continuità e ci riconnette ai valori.
L’aspettativa musicale
L’aspettativa musicale si riferisce al processo secondo cui un’emozione viene indotta nell’ascoltatore grazie ad una caratteristica specifica nella struttura del brano musicale che viola, ritarda o conferma le aspettative dell’ascoltatore sulla continuazione del brano (Sloboda, 1992). Durante l’ascolto di un brano, l’intensità delle emozioni provate non è sempre la stessa ma ha dei picchi e dei minimi (Madsen, Brittin e Capperella-Sheldon, 1993). Solo in alcuni momenti un’emozione è forte e questo secondo Sloboda (1991, 1992) dipenderebbe da alcune caratteristiche strutturali, che insieme creano, mantengono, confermano o smentiscono le aspettative che si forma l’ascoltatore sullo svolgersi di un brano musicale.
Tali aspettative potrebbero operare ad un primitivo livello di elaborazione percettiva come succede per la percezione visiva che può essere in parte spiegata mediante le leggi della Gestalt (Meyer, 1956). Quindi, allo stesso modo in cui percepiamo la continuità di una linea o di una figura nonostante sia in parte nascosta da un oggetto, in base al principio del completamento amodale di Kanizsa (1952), così una particolare successione di suoni provoca una aspettativa su come proseguirà la melodia.
Nel caso in cui l’ascoltatore si crei una aspettativa che poi viene confermata, l’emozione risulterà positiva, nel caso contrario negativa o di sorpresa (Meyer, 1956). La teoria dell’aspettativa spiega la tensione, la sorpresa e le emozioni positive ma non è in grado di spiegare emozioni come la tristezza o la rabbia, vale a dire tutte quelle emozioni che comunque sono provate durante l’ascolto di un brano.
Questo meccanismo ci spiega perché l’armonia è centrale nel suscitare in noi emozioni: noi occidentali fin da quando siamo nella pancia della mamma impariamo implicitamente le cadenze e le forme della musica tonale che diventano un vero e proprio schema per emozionarci!
Le emozioni evocate in tutti questi modi da diverse caratteristiche che possono essere presenti contemporaneamente in un brano musicale, possono interagire tra loro dando origine ad una gran quantità di vissuti emotivi a volte anche ambigui.
Da quanto abbiamo detto finora possiamo sostenere che la musica nella sua interezza e complessità dipende da determinate regole di produzione. Tali regole sono composte da: componenti strutturali, componenti relative alla performance, componenti riguardanti l’ascoltatore e il contesto. Ognuna di queste ha un peso diverso sulle emozioni.
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Approfondimenti
Juslin, P. N., Liljeström, S., Västfjäll, D., & Lundqvist, L. O. (2010). How does music evoke emotions? Exploring the underlying mechanisms.